Mercoledì 27 giugno si è tenuto, presso il MIUR, il previsto incontro di presentazione dell’ipotesi di intesa Stato/Regioni sull’attuazione del Titolo V della Costituzione, relativamente alla materia “istruzione e sperimentazione di interventi condivisi tra Stato e Regioni per la migliore allocazione delle risorse umane, strumentali ed economiche al fine di elevare la qualità del servizio”.

Gli obiettivi dell’intesa sono cinque:

(A) individuazione dei tempi e dei modi per il completamento del trasferimento delle funzioni amministrative alle Regioni alla luce dei nuovi criteri costituzionali di riparto della funzione legislativa in materia di istruzione;

(B) fissazione dei tempi e delle modalità per il trasferimento delle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie all’esercizio delle nuove funzioni e del collegamento tra tale trasferimento e la data di inizio dell’esercizio delle nuove funzioni;

(C) congruente definizione dei tempi e dei modi di ridefinizione dell’amministrazione statatele periferica;

(D) modulazione del raggiungimento degli obiettivi secondo diverse velocità dipendenti dallo stadio di organizzazione regionale;

(E) definizione di condizioni e modalità per l’attuazione della sperimentazione di nuovi modelli organizzativi.

In estrema sintesi, con riferimento alla copiosa – e ormai quasi decennale – giurisprudenza della Corte Costituzionale circa la ripartizione di competenze tra Stato e Regioni e le modalità di attuazione del dettato costituzionale di cui al Titolo V, l’accordo mira a fissare i livelli essenziali delle prestazioni civili e sociali da garantire durante e dopo il processo di trasferimento alle sedi regionali delle funzioni che ad esse competono. Per farlo, è evidentemente necessario regolare anche la quantità di risorse (umane, finanziarie e strumentali) che lo Stato deve trasferire alle Regioni nonché le modalità e i tempi del trasferimento, il tutto tenendo anche presente il diverso livello organizzativo presente a livello territoriale.

La delegazione Anp, presente nella persona del Presidente Nazionale Giorgio Rembado, ha espresso soddisfazione in merito alla volontà politica, espressa dal Ministero, di dare corso alle norme costituzionali, manifestando al contempo perplessità circa la tempistica prevista. Al riguardo, va ricordato che l’Anp ha sempre considerato l’attuale permanenza degli uffici scolastici territoriali – e in special modo di quelli provinciali (gli ex provveditorati) – come un vero e proprio impedimento all’implementazione di una piena autonomia scolastica e, pertanto, guarda con estremo favore allo snellimento dell’amministrazione scolastica sul territorio ed al correlato passaggio di competenze – finalmente di natura meramente organizzativa – all’ambito regionale.

Il Presidente ha sottolineato l’opportunità di una ulteriore e approfondita riflessione sulle negative conseguenze della norma, il quinto comma dell’art. 19 del decreto-legge 98/2011, che impedisce di preporre con stabilità un dirigente alla guida delle istituzioni scolastiche autonome con meno di 600 studenti. In particolare, a prescindere dalla questione -strettamente sindacale- che prevede un organico dirigenziale di circa 8000 unità a fronte di oltre 9000 istituzioni scolastiche, ha manifestato la profonda insoddisfazione dell’Anp per un assetto del sistema in cui le scuole senza dirigente sono ben più del 10%. Ha pertanto sollecitato le parti in causa ad affrontare con tempestività i concreti problemi dell’attuazione del Titolo V della Costituzione, non limitandosi ad enunciazioni di principio non seguite da accordi sugli specifici temi che, fin qui, hanno alimentato solo il conflitto inter-istituzionale.