Da due giorni, Livio Bearzi è in carcere. Per chi non lo ricordasse, si tratta del rettore del Convitto dell’Aquila al momento del terremoto del 2009. Oggi, dopo sei anni e tre gradi di giudiziio, è gravato da una condanna definitiva a 4 anni di reclusione ed a 5 di interdizione dai pubblici uffici. Di fatto, l’unico soggetto cui i giudici abbiano riconosciuto una responsabilità penale in quell’evento. 
 
Non intendiamo in questa sede entrare nel merito: ma non possiamo non evidenziare il paradosso per cui chi costruisce e dovrebbe mettere in sicurezza gli edifici scolastici di fatto non risponde di nulla, mentre chi li riceve e non può fare alcun tipo di intervento si vede alla fine attribuire ogni responsabilità. Ci saranno certamente motivazioni giuridicamente ineccepibili per questa sentenza: ma solo chi vive ogni giorno, nell’esercizio del lavoro di dirigente, l’oggettiva sproporzione fra responsabilità e mezzi per farvi fronte può capire cosa proviamo.
 
Di questo, purtroppo, non mancherà occasione per parlare ancora. Quello che però vogliamo e dobbiamo fare subito è un’altra cosa: tentare almeno di restituire il collega Bearzi alla sua famiglia, che non può fare a meno di lui. E non solo in senso metaforico: vi sono ragioni, che non ci sentiamo di divulgare, che suscitano la più viva preoccupazione su questo fronte se non si riesce a modificare lo stato di fatto.
 
Anp ha deciso quindi di muoversi sul piano politico, rivolgendo un appello diretto al Presidente del Consiglio ed ai Ministri dell’Istruzione e della Giustizia, affinché a Livio Bearzi siano concessi gli arresti domiciliari per motivi umanitari, che riguardano sia lui che, soprattutto, i suoi incolpevoli familiari.
 
Nei prossimi giorni, avvieremo altre iniziative di sostegno a quelle che gli avvocati e le persone a lui più vicine stanno studiando in queste ore. Vi chiediamo di sostenerci su questa strada, con la vostra attenzione ed il vostro appoggio.