Pubblichiamo un’importante sentenza del TAR Lazio, chiamato a esprimersi nel merito dei ricorsi presentati in modo seriale su tutto il territorio nazionale da parte di candidati che non avevano superato la prova preselettiva del concorso a dirigente, svoltasi un anno fa.

La sentenza, che vede rigettato definitivamente un ricorso presentato da oltre 700 candidati, è stata ottenuta anche grazie al determinante appoggio che l’Anp ha dato ai controinteressati attraverso la campagna di interventi ad opponendum nelle varie sedi giudiziarie. Ricordiamo che la campagna venne intrapresa dall’Anp per contrastare iniziative dichiaratamente volte ad annullare la procedura concorsuale, con l’unica finalità di scongiurare i danni che ne sarebbero derivati non solo ai concorrenti meritevoli ma anche alle scuole, da lungo tempo prive di dirigenti pleno jure, ed agli stessi dirigenti in servizio, negli ultimi anni caricati da un numero sempre maggiore di reggenze.

Il TAR rileva in primo luogo la manifesta infondatezza del ricorso, basato sulla contestazione della legittimità della prova di preselezione in quanto tale, con l’ottimo argomento secondo il quale essa “consente di ridurre il numero dei partecipanti alle prove scritte – con conseguente riduzione della complessità e dei tempi della procedura – attraverso un meccanismo semplice e tale da garantire la parità di trattamento degli interessati”.

Viene poi smontata la tesi del danno subito dalla preparazione dei candidati a seguito del fatto che il MIUR, solo pochi giorni prima della prova, aveva annullato – perché errati o ambigui – 900 quesiti presenti nella banca dati. Il TAR giudica che “comunque la parità di trattamento …. appare sussistere in quanto ai candidati presentatisi il giorno dell’esame è stata sottoposta la stessa banca dati di domande, nell’ambito della quale una procedura di sorteggio automatizzata ha individuato quelle di ciascuno; sono stati cioè posti tutti nella stessa condizione, di affrontare col loro bagaglio culturale le domande estratte …. quand’anche i quesiti fossero incerti o sbagliati nella risposta, tale incertezza non inciderebbe sulla par condicio dei concorrenti, tutti chiamati a rispondere sui medesimi quesiti bene o male confezionati.”

Sempre in tema di par condicio, viene respinta dai giudici anche la tesi secondo la quale la presenza di quesiti erronei o ambigui avrebbe messo in difficoltà i candidati, dimostrando l’inaffidabilità e l’inidoneità della prova preselettiva a selezionare i candidati secondo il criterio del merito personale. E’ facile per i giudici osservare che “a fronte anche dell’errata formulazione di taluni quiz in una procedura concorsuale, tutti i candidati, non solo i ricorrenti, si sarebbero trovati dinanzi alla medesima evenienza di dover risolvere i quesiti erroneamente formulati con conseguente sostanziale persistenza delle condizioni di par condicio”.

Rimandiamo i lettori, per gli ulteriori elementi di confutazione dei ricorrenti, al testo integrale della sentenza. Ci limitiamo ad osservare che essa contiene un elemento interessante che potrebbe positivamente ricadere sul caso della Lombardia, regione nella quale il concorso è stato annullato causa la asserita trasparenza delle buste contenenti i dati dei candidati, circostanza ipotizzata e non dimostrabile. Anche i ricorrenti nel giudizio svoltosi di fronte al TAR Lazio sostenevano che le Commissioni avrebbero abbinato il cartoncino anagrafico, la busta contenente il cartoncino e la scheda risposte solo in un momento successivo alla consegna della scheda. Ma il TAR Lazio, a tale proposito, ritiene che la censura prospettata è soltanto ipotetica, rimanendo da dimostrare (cosa che è impossibile a farsi) che il fatto sia realmente accaduto.

Infine, segnaliamo il fatto che, con una decisione scaturita dall’applicazione del nuovo codice del processo amministrativo, il collegio giudicante ha condannato i ricorrenti al pagamento delle “spese di lite” (si tratta di diverse decine di migliaia di euro) a favore delle amministrazioni citate e dei controinteressati. Per questo la sentenza del Lazio segna una “sconfitta con perdite” per i professionisti che operano nei numerosi “ricorsifici” sempre pronti ad aggredire qualsiasi procedura concorsuale. E, probabilmente, consiglierà comportamenti più responsabili e prudenti per il futuro.