La questione è nota. Il CCNL 24.7.2003, art.6, stabilisce che a livello di singola istituzione scolastica deve essere fornita informazione successiva, tra l’altro, dei «nominativi del personale utilizzato nelle attività e progetti retribuiti con il fondo di istituto» e della «verifica dell’attuazione della contrattazione collettiva integrativa d’istituto sull’utilizzo delle risorse».

Notoriamente in alcuni casi i soggetti destinatari dell’informazione successiva (RSU ed OO.SS. firmatarie del CCNL) pretendono, invece, a livello di singola istituzione scolastica, la consegna del prospetto con i nominativi del personale utilizzato e i compensi percepiti da ciascuno.

Interviene ora, su quesito del dirigente Reginaldo Palermo di Pavone Canavese, il Garante della privacy. Il principio applicabile al trattamento dei dati, sostiene il Garante, è chiaramente disciplinato dagli articoli 18 e seguenti del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 196/2003), ed aggiunge: «in particolare, ai sensi dell’art. 19, comma 3, la comunicazione di dati da parte di soggetti pubblici a privati o la diffusione, è ammessa unicamente quando è prevista da una norma di legge o regolamento».

Per la comprensione del citato comma 3 va chiarito che:

  • ogni scuola è una pubblica amministrazione (D.Lgs.165/2001, art.1, comma 2), quindi è soggetto pubblico;
  • leggi e regolamenti appartengono alla sfera del diritto pubblico e sono fonti normative unilaterali;
  • i sindacati e le RSU sono soggetti privati;
  • i contratti di lavoro sono fonti bilaterali e sono regolati dal codice civile;
  • a chi contravviene la normativa vigente in materia di trattamento dei dati personali, anche quelli non sensibili come nel caso, sono applicabili le sanzioni previste dagli articoli 161 e seguenti del D.Lgs.196/2003.

Da questo punto di vista agiscono correttamente quei dirigenti che attenendosi alle disposizioni sopra richiamate si rifiutano di fornire a soggetti privati (sindacati ed RSU) informazioni relative a dati personali dei dipendenti. Che pensare di quei sindacati che, nonostante tutto, continuano ad alimentare strumentalmente un contenzioso che si propone di invadere la sfera gestionale delle istituzioni scolastiche?

Vanno sicuramente stigmatizzati, invece, quei direttori degli uffici scolastici regionali che hanno sottoscritto contratti integrativi del personale del comparto scuola nei quali si impegnano (loro) a che altri (dirigenti delle scuole) forniscano dettagli circa i compensi corrisposti ai dipendenti delle singole istituzioni scolastiche (non gestite dai dirigenti degli USR); oppure hanno inviato circolari con lo scopo di predeterminare i comportamenti contrattuali dei dirigenti delle scuole. Come è noto la titolarità delle relazioni sindacali di istituto sono a capo esclusivamente dei dirigenti delle istituzioni scolastiche (art. 25, D.Lgs. 165/2001) e nessuna nota, circolare o contratto integrativo regionale possono modificare o alterare tale competenza.

Da questo punto di vista i direttori degli uffici scolastici regionali che abbiano sottoscritto contratti integrativi difformi rispetto alla normativa vigente andrebbero deferiti alla Corte dei conti, qualora dalle loro decisioni siano derivati danni all’erario. Per esempio nel caso qualche dirigente di scuola sia stato condannato per comportamento antisindacale per violazione di contratti in materia da loro non sottoscritti.

Infatti:

  • il CCNL/2003 non ha delegato la contrattazione integrativa regionale ad intervenire in materia di informazione successiva sui compensi individuali dei dipendenti;
  • la normativa sulla privacy, che ha rilievo amministrativo e penale quanto a sanzioni, non è derogabile dai contratti.

In allegato il quesito del collega Reginaldo Palermo e la risposta del Garante.