I dirigenti, i quadri ed i professionisti pubblici, alla ripresa del lavoro dopo la pausa estiva, oltre agli altri numerosi problemi si sono trovati di fronte alla riesumazione di una norma iniqua per la categoria e dannosa per l’ amministrazione. Ovvero, della restaurata facoltà discrezionale , per i vertici delle amministrazioni, di collocare a riposo i colleghi che hanno raggiunto quaranta anni di contributi.

La vicenda è nota. Questa norma è uscita dai Ministeri interessati l’ estate dello scorso anno, diventando l’ ultimo comma dell’ art. 72 della legge n. 133/2008. Nelle Amministrazioni si sono registrati comportamenti diversi, per lo più improntati ad obiettività e cautela (è questo il caso del MIUR). In alcune situazioni, invece, gli organi di vertice hanno colto l’ occasione per liberarsi di colleghi scomodi e/o per far posto a promozioni molto sollecitate (è questo, ad esempio, il caso dell’INPS).

CIDA, Confedir e Cosmed hanno assunto una posizione critica fin dalla prima formulazione della norma. In primo luogo, perché tale previsione comporta per le categorie dirigenziali – nel segmento interessato – una sorta di spoils system occulto e permanente, ponendole sotto il ricatto del licenziamento e creando i presupposti per un forte condizionamento della loro attività da parte della politica, in spregio dei principi costituzionali di imparzialità e di esclusiva finalizzazione del servizio dei pubblici funzionari all’ interesse della Nazione. Inoltre, viene palesemente violata l’ uguaglianza di trattamento pensionistico col settore privato, dove vige – in accordo con la normativa europea – il principio per il quale il raggiungimento di una certa anzianità non può da solo costituire giusta causa di licenziamento, anche per realizzare il diritto costituzionalmente garantito alla realizzazione della personalità attraverso il lavoro.

Conseguentemente, CIDA, Confedir e Cosmed hanno avviato iniziative sia sul piano del contenzioso giurisdizionale, per contrastare l’ applicazione della norma e farne dichiarare l’ incostituzionalità, sia sul piano parlamentare, per ottenerne la modifica, in sede di discussione della legge delega proposta dal Ministro Brunetta. In tale sede, il Parlamento ha sostanzialmente accolto le nostre richieste, modificando la norma nel senso di riferire i quaranta anni al servizio effettivamente prestato, e non alla contribuzione. Escludendo, cioè, i periodi riscattati di laurea, militare, etc., e dunque, in pratica, limitandone l’ applicabilità ad un ristretto segmento della categoria, prossimo alla soglia dei sessantacinque anni di età. Naturalmente, questa modifica ha comportato che i colleghi già ” preavvisati ” di licenziamento sulla base della norma precedente, ed aventi meno di quarant’anni di servizio, hanno chiesto all’ amministrazione di restare in attività.

Per evitare queste difficoltà e riprendersi gli spazi di manovra acquisiti con la norma precedente, i Ministeri hanno inserito nel maxiemendamento alla manovra d’ estate – sul quale è stata posta la fiducia – due norme: una per ritornare ai quarant’anni di contributi, invece che di servizio effettivo, e l’ altra per far salve le cessazioni al servizio già disposte dagli Enti più solleciti, sulla base della legge 133/2008. Norme che sono diventate i commi 35 novies e decies dell’ art. 17 della legge 102 del 2009. In questo modo, attraverso il voto di fiducia il Parlamento è stato costretto a rimangiarsi la scelta meditata in occasione del dibattito sulla legge 15.

A questo punto, le organizzazioni della dirigenza e delle alte professionalità non possono che continuare nelle iniziative di contenzioso già in corso e promuovere o sostenere le altre che si renderanno necessarie, in sede costituzionale ed in sede Europea, con l’ obiettivo di far dichiarare l’ illegittimità della norma in questione. Del pari, verranno ricercati ed attivati spazi di intervento in sede parlamentare, per ottenere una nuova modifica della stessa.

L’ obiettivo, che riteniamo condivisibile, di una graduale riduzione dell’ età media degli apparati può essere realizzato senza scardinare gli stessi, con l’ eliminazione del diritto al trattenimento in servizio per un biennio oltre i sessantacinque anni di età, già operata dall’ art. 72 della legge 133/2008, e con l’attivazione dell’ istituto della risoluzione consensuale anticipata del rapporto di lavoro, già previsto dai CCNL delle nostre categorie. Tuttavia, nei confronti di questo ulteriore, grave attacco all’ autonomia ed al ruolo delle categorie rappresentate, operato in sostanziale disprezzo delle stesse prerogative del Parlamento, CIDA, Confedir e Cosmed sono convinte della necessità di mantenere una forte posizione di contrasto in tutte le sedi utili a tale scopo.

Sollecitiamo perciò i colleghi interessati a contattare la sede nazionale dell’Associazione per attivare i ricorsi necessari ed informarsi delle altre iniziative in corso.