Il TAR del Lazio conferma la sua linea di rigetto dei ricorsi presentati contro il mancato superamento delle prove preselettive. Questo è il contenuto, infatti, della sentenza n. 9018 del 5 novembre 2012, che pubblichiamo in allegato. La sentenza affronta nel merito e confuta le numerose – spesso pretestuose – censure dei ricorrenti, che sono simili a quelle già in passato evidenziate nei giudizi sulle richieste di sospensione cautelare del concorso (peraltro mai accolte dai giudici) e in precedenti sentenze di merito (si veda, per tutte, l’ultima da noi pubblicata il 13 ottobre scorso). Ci limitiamo a commentarne alcune, rimandando al testo completo della sentenza. Secondo i ricorrenti la prova preselettiva e il concorso andavano annullati perchè:

  • tra i quesiti ve ne erano di errati, che sono stati rimossi. Rispondono i giudici che non vi è danno alcuno, poichè l’espunzione è avvenuta prima della prova e comunque non ha inficiato la capacitàdei candidati di rispondere o meno alle domande;

  • l’amministrazione non ha predisposto i criteri relativi alla predisposizione dei quesiti. Osservano i giudici che la definizione di tali criteri non era richiesta dal bando di concorso;

  • vi è infine la ricorrente lamentela di presunte irregolarità procedurali (nella fase di consegna degli elaborati alla Commissione, nella corrispondenza fra elaborati e busta contenente i dati personali, etc.) che avrebbero leso il principio dell’anonimato degli elaborati stessi. I giudici respingono la censura, come nella sentenza sopra ricordata, con la motivazione che essa si colloca soltanto sul piano delle ipotesi non essendo suffragata da elementi di fatto che attestino l’effettivo suo verificarsi. Ricordiamo, come già fatto commentando la sentenza richiamata sopra, che tale posizione dei giudici amministrativi può costituire un precedente giurisprudenziale utile anche a risolvere il caso della Lombardia, dove il concorso è stato annullato per il fatto che la trasparenza delle buste contenenti i dati personali avrebbe potuto inficiare l’anonimato dei candidati. Cosa che nessuno ha dimostrato sia realmente avvenuta.