Ci risiamo.

Una nota del Direttore Generale per il Personale della scuola ritorna sul problema del rapporto fra poteri datoriali e contrattazione in materia di gestione delle risorse umane, con la formula, ormai tradizionale per quell’ufficio, “si ritiene“: e con l’altrettanto consueta appendice “tuttavia” (si veda in proposito la nostra notizia del 9 febbraio 2011).

La chiave del messaggio sta tutta lì. È vero che la norma direbbe certe cose: “tuttavia …” si ritiene di “rappresentare l’esigenza” di fare cose diverse. In concreto, di accogliere le richieste sindacali in materia di criteri per l’utilizzazione del personale con ogni “consentita disponibilità”.

Che fastidio, le norme. Menomale che ci sono le note …

Destinatari della “nota” in questione sono i Direttori degli uffici scolastici regionali, cui l’O.M. 64 assegna il compito di provvedere in merito. L’ordinanza è stata emanata in seguito al rilievo con cui la Funzione Pubblica ha bloccato la sottoscrizione dell’intesa sulle utilizzazioni. Ciò in quanto essa interveniva a regolare materie non disponibili, perché riservate dalla legge alla competenza datoriale. E’ abbastanza evidente il tentativo di far rientrare dalla finestra, con il ricorso al magico strumento della “nota”, quel che il legislatore e gli organi di controllo avevano fatto uscire dalla porta.

I Direttori regionali non hanno certo bisogno di consigli, in quanto sanno bene quel che devono fare e quali sono le loro responsabilità.

Per gli altri, non sarà forse del tutto inutile ricordare che, una volta che si sia scelta la strada dell’Ordinanza, i Dirigenti incaricati di attuarla portano piena ed intera la responsabilità delle loro scelte. Secondo la Costituzione e secondo le leggi, essi rispondono in prima persona della legittimità di quel che firmano nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali. Invitarli ad accogliere quel che chiede la “controparte” significa esporli a rispondere di decisioni gradite ad altri, senza neppure il filtro dell’accordo contrattuale, che sempre comporta un certo livello di legittimo “cedimento” alle ragioni della controparte.

Insomma, se firmando un contratto si può sempre invocare un bilanciamento di costi e benefici per giustificare quel che si è concesso all’interlocutore, firmando un atto unilaterale quella tutela viene meno. E davanti alla Corte dei Conti non ci va chi firma le note, ma chi firma i provvedimenti formali.

Detto questo, è del tutto ovvio che le forme di partecipazione previste dalla legge vanno attuate con il massimo di lealtà e di apertura mentale: non saremo certo noi a farci paladini del conflitto sindacale per amore di tesi. Ma degli eventuali cedimenti rischierebbero di fare le spese anche i dirigenti delle scuole, sul cui ambito organizzativo finiscono in ultima analisi per scaricarsi le disfunzioni ed i ritardi derivanti da eccessive concessioni in materia di gestione del personale a livello territoriale.

E comunque ci sia consentito dire – come dirigenti pubblici – che dal vertice della “nostra” Amministrazione ci saremmo attesi, se mai, un incoraggiamento a rispettare le norme e non ad aggirarle. Sia pure alla risicata ombra della foglia di fico di una “consentita disponibilità“.