La recente diffusione del dispositivo, datato 7 febbraio 2013, di una sentenza del Tribunale di Lucca con cui è stato confermato un decreto dello stesso Tribunale che aveva in precedenza (14 luglio 2011) accolto un ricorso per condotta antisindacale a seguito della decisione di un dirigente scolastico di attenersi al dettato del d.lgs. 165/2001 in materia di contrattazione collettiva integrativa a livello d’istituzione scolastica ha immediatamente riacceso, nelle OO.SS. del comparto scuola, il desiderio di ignorare le disposizioni di legge e di far compiere ai dirigenti scolastici degli atti in contrasto con esse.

A tal proposito, ed allo specifico fine di evitare che qualche collega sia erroneamente indotto a seguire linee di azione contra legem, è bene ribadire che:

  • ogni sentenza fa stato tra le parti e, di conseguenza, la sentenza di Lucca obbliga l’Amministrazione scolastica a comportarsi come stabilito dal Giudice in quello specifico caso e solo in quella specifica istituzione scolastica;
  • fino ad oggi, ben sei diversi Tribunali (Venezia, Bologna, Napoli, Oristano, Nuoro, Catanzaro) hanno emesso altrettante sentenze di primo grado sulla stessa questione e sono stati tutti di avviso contrario a quello del Tribunale di Lucca;
  • naturalmente, tale sentenza è impugnabile – e non dubitiamo che l’Amministrazione provvederà in tal senso appena saranno depositate le relative motivazioni – di fronte al Giudice d’appello e attendiamo rispettosamente gli esiti di tale nuovo giudizio;
  • ad oggi, nulla risulta immutato rispetto al passato – se non si vuole considerare stravolgente il passaggio dalla situazione di vantaggio tennistico per “6-0” a quella, altrettanto tennistica, di “6-1” – e permane quindi la assoluta prevalenza della linea interpretativa secondo cui le materie di cui alle lettere h), i) ed m) del secondo comma dell’art. 6 del CCNL scuola non possono più essere oggetto di contrattazione.

A prescindere, però, dalle richiamate vicende giudiziarie e dall’inevitabile braccio di ferro che ne scaturisce, dovrebbe apparire di immediata evidenza a tutti il principio generale – di natura logica prima ancora che giuridica– secondo cui a determinate responsabilità conseguono necessariamente determinati poteri.

Dal che discende che, se si accetta la (esclusiva) responsabilità del servizio in capo al dirigente non ci si può, poi, esimere dall’accettare anche il necessario corollario, consistente nell’attribuzione allo stesso dirigente del potere (altrettanto esclusivo) di gestire le risorse umane. Potere che, è bene ricordarlo, ha come unico fine la garanzia di un adeguato livello di servizio scolastico.

Di contro, è palesemente iniqua la pretesa di responsabilizzare un unico soggetto (il dirigente) per le conseguenze delle scelte che gli si vorrebbe far condividere con la parte sindacale, costringendolo a contrattare aspetti non più negoziabili.

L’unica strada per modificare questo stato di cose consisterebbe nell’attribuire, per legge e non per contratto, una “responsabilità congiunta” a dirigente e parte sindacale anche per quanto riguarda le eventuali ricadute negative sul servizio provocate dalla gestione condivisa dei rapporti di lavoro. Pur a voler ignorare le colossali difficoltà che si presenterebbero per inserire un tale monstrum nel nostro ordinamento, questo approccio allontanerebbe le nostre scuole ancora di più dai migliori riferimenti esteri. Siamo sicuri di averne bisogno?