L’articolo di Marcello Veneziani “Presidi e bidelli espulsi dalla videoscuola”, recentemente pubblicato su Panorama, risulta infarcito di aneddoti, facezie e luoghi comuni. Proprio per questo non meriterebbe molta considerazione. D’altra parte, lasciar passare tutto senza replica potrebbe indurre qualcuno a credere che ci sia della sostanza e qualche fondamento fattuale.

L’autore si basa sul proprio “amarcord” di scuola, come alunno e figlio di Preside. Un po’ come se il figlio di un ingegnere, dopo essere transitato tante volte sopra un ponte, discettasse di costruzioni. Il suo Preside ideale, come tratteggiato nell’articolo, sembra una curiosa via di mezzo tra un giullare che si esibisce per il sollazzo degli alunni ed un padre severo ed autorevole. Che poi suo padre non si occupasse di amministrazione e che il segretario gli sbrigasse “quelle faccende” probabilmente glielo avrà raccontato lui, ma ciò non consente alcuna generalizzazione.

La tesi di Veneziani, espressa con affermazioni fantasiose e colorite, ma ben lontane dalla realtà, è che i Presidi – oggi dirigenti delle scuole – siano stati resi superflui dalla didattica a distanza, a sua volta resa necessaria dall’emergenza pandemica. A questo punto ci viene spontaneo chiederci se, da giornalista, ritenga che nemmeno i giornali on-line abbiano bisogno di un direttore.

In ogni caso, quello che nell’articolo risulta culturalmente inaccettabile è lo spacciare alcune impressioni personali per statistiche oggettive: sorvolando sulle presunte connotazioni politiche e geografiche dei dirigenti scolastici, Veneziani ne qualifica i quattro quinti -ben l’80%- come “incapaci”. Poi, con gusto davvero dubbio, afferma addirittura che fra i migliori incontrati figurano “un preside cieco” e “una preside paralitica” – menandone scandalo come se fra le competenze richieste dalla dirigenza ci fossero la vista d’aquila o le doti podistiche – e dimostra un imbarazzante disprezzo verso persone che, nonostante la disabilità, hanno raggiunto un ragguardevole traguardo professionale.

Evidentemente, a Veneziani non è giunta alcuna eco dell’immane sforzo organizzativo prodotto dai Capi d’istituto per mettere in piedi, in pochi giorni, un’attività di dimensioni mai sperimentate prima. I docenti sono stati encomiabili nel praticare la didattica a distanza, ma i dirigenti scolastici ne sono stati i registi. E se la stragrande maggioranza degli alunni e studenti è restata in contatto con la scuola in questi mesi lo si deve anche a loro: proprio ai dirigenti scolastici.

E che dire della pittoresca – ancorché fasulla – narrazione dei bidelli? Che è connotata da inesattezze tipiche di chi non sa come stanno le cose: i collaboratori scolastici svolgono gli stessi compiti di sempre, dalla pulizia (le imprese esterne intervengono in una minoranza di scuole) alla fondamentale vigilanza. Attività per la quale, semmai, il loro numero risulta spesso insufficiente.

Il bel tempo antico non è sempre stato garanzia di una società migliore della presente. Veneziani contesta l’autonomia e la dirigenza scolastica ma, in fondo, disvela la sua nostalgia per uno Stato, una scuola e una società che non esistono più.

A quando un articolo su quanto era bello avere in casa i 32 volumi dell’Enciclopedia Britannica, prima che la digitalizzazione rendesse lo scibile umano accessibile anche a chi non avrebbe mai potuto permettersi di acquistarla?