Leggendo alcuni commenti e interventi sulla stampa – successivi alla nostra presa di posizione sulla bozza di Piano Scuola 2020-2021 esaminata durante la teleconferenza di due giorni fa – ci è sorto un dubbio: che qualcuno si sia perso quanto è accaduto nel mondo della scuola durante gli ultimi anni.

L’ANP, in particolare, ha sempre guardato all’autonomia scolastica – e alla dirigenza che vi è organicamente connessa – con rigore e coerenza. Abbiamo affrontato la questione anche di recente, nel nostro documento sulla ripartenza pubblicato il 25 maggio, ribadendo che l’autonomia scolastica è un potente strumento per favorire l’uscita del Paese dalla fase emergenziale.

I colleghi ne sono perfettamente consapevoli e non si sono mai sottratti ai loro compiti che anzi – come si è visto di recente quando sono riusciti ad attivare, in brevissimo tempo e con un enorme sforzo organizzativo, la didattica a distanza – hanno sempre onorato, insieme ai docenti e al personale della scuola, su tutto il territorio nazionale. Abbiamo assicurato che tutti i servizi proseguissero e che il diritto allo studio continuasse ad essere garantito, assumendocene appieno le responsabilità, anche quella penale che è però divenuta insostenibile, al punto che come ANP abbiamo insistentemente chiesto di riformarla.

Ma nel caso della ripartenza l’autonomia non è l’oggetto della discussione: non è tempo di riflessioni teoriche, infatti, ma è tempo di “riportare le cose per terra”.

La questione è innanzitutto aritmetica.

Se abbiamo una classe di 20 alunni con un docente e se per attuare il distanziamento dobbiamo dividere la classe in due gruppi, abbiamo bisogno di due docenti. Se abbiamo 1500 studenti che utilizzano i servizi igienici almeno una volta al giorno e i bagni devono esser immediatamente puliti dopo l’uso, abbiamo bisogno di più collaboratori scolastici. Evidenziamo, al riguardo, che il personale continua ad essere assegnato secondo parametri del tutto insufficienti: basti pensare alla difficoltà di sostituzione dei docenti assenti che costringe i colleghi a riassegnare quasi sempre gli alunni privi di vigilanza alle altre classi, contribuendo così a sovraffollarle. L’ANP chiede che il Ministero incrementi l’organico e consenta ai dirigenti di assumere direttamente il personale a tempo determinato necessario per garantire l’efficienza del sistema.

La questione è anche meteorologica.

Il tempo della scuola è essenzialmente autunno (tempo variabile, eventualmente piovoso), inverno (freddo), primavera (tempo variabile, eventualmente piovoso) con forti diversificazioni geografiche. Non dobbiamo trovare spazi qualunque ma spazi chiusi, vicini alla sede scolastica e riscaldati. Il dirigente scolastico è autonomo e responsabile, ma non è un mago. Gli enti locali reperiscano spazi adeguati all’uso e il dirigente li attrezzerà e gestirà come luoghi di apprendimento: cosa ben diversa da spazi “qualsiasi”.

La questione è soprattutto di sistema.

Il dirigente scolastico è perfettamente in grado di gestire i processi che governano la revisione dei tempi della didattica, delle discipline, dell’individuazione dei saperi essenziali, dell’innovazione metodologica con le tecnologie informatiche. L’ANP ha da sempre sostenuto l’autonomia di ricerca e di sperimentazione. Ma sostiene anche l’unitarietà del sistema educativo del Paese. Proprio per questo chiediamo oggi al Ministero di definire i livelli essenziali delle prestazioni (come, ad esempio, la percentuale minima del tempo scuola in presenza) affinché il sistema resti unitario e riduca le differenze esistenti tra le varie aree geografiche. All’interno di questi vincoli che, ripetiamo, non servono ai dirigenti per scaricarsi dal peso della responsabilità, ma servono al Paese per garantire il servizio essenziale dell’istruzione, i dirigenti scolastici sapranno organizzare, coordinare, valorizzare il personale attraverso un’alleanza indispensabile con docenti, ATA e famiglie.

In altre parole, non rientra nell’autonomia scolastica – né in alcuna forma di autonomia funzionale al conseguimento di specifiche finalità – la definizione degli obiettivi generali del sistema e dei livelli minimi del servizio. Queste sono scelte di ordine politico e la loro responsabilità deve necessariamente gravare sui decisori politici che poi ne rispondono direttamente agli elettori. È il noto principio di distinzione tra potere di indirizzo e potere di gestione nelle amministrazioni pubbliche, chiaramente enunciato dall’articolo 4 del decreto legislativo 165/2001.

Sappiamo tutti, del resto, che l’autonomia delle scuole è un’autonomia “funzionale” alla migliore realizzazione dell’offerta formativa; in sostanza, è finalizzata al successo formativo di ogni alunno. Confondere quella ben precisa e delimitata declinazione dell’autonomia con un ampliamento “a tutto campo”, velleitariamente esteso ai più disparati settori, costituisce un grossolano travisamento delle disposizioni costituzionali, legislative e regolamentari che ne sono il fondamento e rischia di tradursi in una sorta di inaccettabile “scarica barile”.

Il vero significato dell’autonomia scolastica non ha nulla a che fare con atteggiamenti alla “armiamoci e partite” e non può essere distorto fino al punto di chiedere alle istituzioni scolastiche e ai loro dirigenti di affrontare e risolvere problemi di livello generale che non sono di loro competenza.

Nel medio periodo, invece, è del tutto certo che uno sguardo lungimirante e puntato oltre l’emergenza dovrebbe concentrarsi sulla realizzazione effettiva della autonomia scolastica, adottando tutte quelle iniziative normative, finanziarie e contrattuali, che l’ANP suggerisce da sempre e che consentirebbero di dotare docenti e dirigenti scolastici di tutti gli strumenti utili alla migliore organizzazione del servizio, evitando in ogni modo di aumentare solo la spesa in debito, come fatto in passato, senza agire sulle leve effettive del sistema.

In conclusione, l’ANP lo ribadisce forte e chiaro: siamo pronti ad assumerci – come abbiamo sempre fatto – tutte le responsabilità che costituiscono la quintessenza del ruolo dirigenziale, ma non una di più.

La scuola ha bisogno di concretezza. Il Paese ha bisogno di concretezza.