Nel drammatico frangente che stiamo vivendo una cosa è chiara: durante questi mesi i dirigenti e i loro collaboratori non si sono mai risparmiati e hanno costantemente presidiato le scuole per garantire l’avvio dell’anno scolastico in sicurezza e permettere agli studenti di potere finalmente ritornare in classe. 

La stagione estiva trascorsa tra misurazioni, monitoraggi, tavoli territoriali, richieste di organico aggiuntivo, acquisti di beni e servizi, adozione di protocolli per il contenimento del contagio da COVID-19 e attività di formazione mirata per il personale ha avuto, come esito, la riapertura delle scuole e la ripresa delle attività didattiche. Tutto quello che era necessario a tal fine è stato predisposto dai dirigenti nei limiti delle risorse in loro possesso e nel rispetto di un quadro estremamente magmatico di regole e normative.  

Nelle ultime settimane, però, il carico di lavoro dei colleghi ha assunto caratteristiche che difficilmente potranno essere sostenute a lungo. La ripresa dei contagi e i numerosi focolai da COVID-19 registrati nelle scuole hanno messo a nudo una preoccupante realtà: nelle procedure per la gestione dei casi di contagio che interessano gli studenti o il personale della scuola assistiamo a un corto circuito che non riguarda situazioni isolate o localizzate ma che interessa l’intero Paese. 

È evidente che gli automatismi previsti dal protocollo gestionale non si sono innescati e questo non è certo imputabile alle scuole che si sono sempre attenute alle Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia contenute nel Rapporto I.S.S. n. 52 del 21 agosto scorso. I Dipartimenti di prevenzione delle ASL, al contrario, non si sono fatti trovare pronti dinanzi a un’escalation emergenziale che era facile immaginare. Di conseguenza, ci troviamo oggi a fronteggiare prassi difformi dal protocollo, richieste ai limiti dell’incredibile, difficoltà comunicative che impattano anche sul rapporto con le famiglie. Infatti, quando si verifica un caso sospetto o sintomatico, queste vedono nella scuola l’unico interlocutore tenuto a prendere provvedimenti che, invece, non le competono. Si aggiunga, a tutto questo, la difficoltà di reperire supplenti per sostituire i docenti in quarantena nel momento in cui risulta ancora problematico disporre dell’organico completo, date le notevoli difficoltà di gestione delle GPS in molte regioni.  

D’altra parte, non si sono fatti trovare pronti neanche gli enti locali: in diversi territori non sono ancora stati consegnati gli spazi necessari a garantire il distanziamento degli alunni, così come l’organizzazione dei trasporti pubblici non riesce a garantire un servizio sicuro. 

Dirigere le scuole al tempo della pandemia è attività gravosa cui i dirigenti scolastici non intendono sottrarsi ma, a queste condizioni, tutto si complica e le difficoltà si amplificano al limite dell’insostenibile.  

La ripartenza ha efficacia solo a fronte di uno sforzo collettivo da parte di tutti i soggetti in causa, ma la quotidianità delle cose racconta il contrario. Non è accettabile assecondare una narrazione che veda la scuola come parte del corto circuito in atto perché ha fatto il suo dovere e non è la Cenerentola della Nazione.