Sono trascorsi quasi quindici giorni dalla pubblicazione della nota tecnica concernente le “Indicazioni per l’individuazione e la gestione dei contatti di casi di infezione da SARS-CoV-2 in ambito scolastico”. Nonostante i nostri auspici di una collaborazione più efficace ed efficiente tra istituzioni scolastiche e dipartimenti di prevenzione dobbiamo purtroppo rilevare la sussistenza di forti criticità.  

La nota ministeriale del 6 novembre scorso, n. 1218, ricorda che “le azioni di sanità pubblica ricadono nell’ambito delle competenze dei Dipartimenti di Prevenzione (DdP) che risultano incaricati della disposizione delle misure sanitarie da intraprendere, inclusi l’isolamento dei casi, la quarantena dei contatti e le tempistiche per il rientro a scuola degli alunni/studenti/operatori scolastici”. Detta nota aggiunge che “fino all’intervento dell’autorità sanitaria, nell’immediatezza della conoscenza del caso positivo, l’Istituto scolastico attiva la seguente procedura già definita e standardizzata, che non comporta alcuna valutazione discrezionale di carattere sanitario”. 

In forza di tale procedura i dirigenti delle scuole, ancora una volta, non stanno venendo meno a gravose responsabilità – determinate unicamente dall’eccezionalità del contesto emergenziale – pur di garantire il servizio scolastico e la tutela della sicurezza collettiva. 

Tuttavia, un passaggio della nota tecnica sta facendo riemergere una problematica che speravamo superata dalle nuove procedure di tracciamento: “nel caso in cui le autorità sanitarie siano impossibilitate ad intervenire tempestivamente o comunque secondo la organizzazione di regione/P.A. o ASL, il dirigente scolastico venuto a conoscenza di un caso confermato nella propria scuola è da considerarsi quindi autorizzato, in via eccezionale ed urgente, a sospendere temporaneamente le attività didattiche nella classe/sezione/gruppo e trasmette le indicazioni standardizzate preventivamente predisposte dal Dipartimento di prevenzione in accordo al presente documento per l’avvio delle misure previste dal presente protocollo, sia ai bambini/alunni/genitori/tutori che agli insegnanti che sono stati a contatto con un caso COVID-19 confermato (nelle 48 ore precedenti l’insorgenza dei sintomi o all’esecuzione del test diagnostico se asintomatico), in attesa della formalizzazione e di eventuali misure specifiche (incluso l’isolamento dei casi e la quarantena per i contatti ad alto rischio) da parte del DdP.” 

Sappiamo bene quanto il sistema sanitario si sia speso finora – e continui a farlo – per difendere il Paese dalla pandemia e gliene siamo grati. 

In alcune realtà, però, rileviamo con amarezza che quel “caso in cui le autorità sanitarie siano impossibilitate ad intervenire tempestivamente” rischia di tradursi in un “quasi sempre”. In diversi territori, infatti, i dipartimenti di prevenzione non riescono a garantire la tempistica del testing – ragion per cui il T0, nel migliore dei casi, si trasforma in T5 – o, addirittura, non applicano le nuove procedure di tracciamento.  

Ma l’aspetto più critico è che alcuni di essi spariscono dai radar delle scuole già dal tardo pomeriggio del venerdì per ricomparire solo il lunedì mattina. Qualcuno dirà: i dipendenti della ASL staccano dal servizio per il giusto riposo settimanale. La considerazione è corretta ma sorgono spontanee due riflessioni: 1) innanzitutto, il COVID non ha orari; 2) il riposo settimanale – senza polemica alcuna – forse spetterebbe anche al personale scolastico.  

Forse. 

Le segnalazioni di casi positivi, infatti, arrivano alle scuole anche di domenica e di certo il grande senso di responsabilità dei dirigenti non consente loro di ignorarle in attesa della ripresa lavorativa del lunedì. Essi, pertanto, provvedono a quanto previsto dalla nota ministeriale del 6 novembre nella consapevolezza che questo è necessario per combattere la diffusione del contagio. 

Il tutto nell’assordante silenzio dei dipartimenti. 

Non vorremmo che alcuni di essi pensassero che le scuole siano la loro segreteria, deputata allo svolgimento di attività che non possono compiere per via della chiusura settimanale.  

Non è certo questo lo spirito – immediatamente condiviso, peraltro, dai dirigenti delle scuole in nome della tutela della salute collettiva – della nota tecnica le cui misure, “mediante la collaborazione tra le scuole e le autorità sanitarie locali, favoriscono l’erogazione del servizio scolastico in presenza, supportano il dirigente scolastico nelle iniziative da assumere in presenza di casi positivi COVID – 19 e permettono di rendere il più possibile omogenee, a livello nazionale, le misure di prevenzione da attuare a cura dei dipartimenti di prevenzione”.  

Ci attendiamo, quindi, che anche i dipartimenti di prevenzione garantiscano il loro servizio senza soluzione di continuità, attrezzandosi al meglio per gestire la quarta ondata e facendo tesoro delle esperienze negative del passato. Tutelare il bene e la salute di studenti e lavoratori della scuola è loro primaria responsabilità: l’emergenza non può conoscere pause. Pretendiamo, dunque, che lo scenario sin qui rappresentato dai nostri colleghi si modifichi in positivo attraverso una effettiva collaborazione tra istituzioni scolastiche e dipartimenti di prevenzione. 

Nel frattempo, la tanto demonizzata DAD sta riacquistando le posizioni perdute, nonostante le tassative disposizioni di legge sulle attività in presenza e le finalità dichiarate dalla nota tecnica.  

E nonostante lo strenuo impegno di chi la scuola la dirige e del personale tutto, docente e ATA, che vi opera quotidianamente.