La pubblicazione del Rapporto annuale 2022 di Save the Children “Alla ricerca del tempo perduto – Un’analisi delle disuguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana” conferma, purtroppo, quanto l’ANP sostiene da tempo sullo stato della scuola italiana. 

Nulla di nuovo, sembrerebbe. Ma le conclusioni del Rapporto evidenziano, sempre più, la drammaticità che caratterizza alcune questioni: la dispersione scolastica, i divari territoriali, la povertà educativa, le carenze infrastrutturali delle scuole e non solo. Si aggiungano, a tali fattori, gli effetti di una crisi che ha impoverito drasticamente interi territori e ampliato le sacche di povertà economica ed educativa. 

L’interconnessione tra questi elementi produce inevitabilmente un corto circuito sociale. Troppi giovani non hanno competenze adeguate, non possono usufruire di agenzie formative diverse dalla scuola e sono privi di validi strumenti per orientarsi nel mondo del lavoro. Tutto questo determina condizioni di marginalità e di profonda insoddisfazione individuale. 

Ma il corto circuito è anche economico, dato che il livello di istruzione influisce sulla partecipazione al mercato del lavoro, sulle possibilità di occupazione, sui redditi e, nei tempi medi e lunghi, sul prodotto interno lordo. Pertanto, senza interventi immediati e coraggiosi, la capacità del nostro Paese di produrre benessere risulterà ulteriormente pregiudicata.  

Grazie al PNRR disponiamo di una irripetibile iniezione di risorse economiche e le scuole non possono permettersi di perdere questa opportunità. Con tali risorse se ne potrebbe potenziare l’azione progettuale e la capacità di incidere, colmandoli, sui gap rilevati. 

Ma non basta. Occorre fare scelte dirompenti.  

Riorganizzare la didattica, prima di tutto, rendendola motivante e attrattiva anche servendosi di strumenti innovativi rispondenti alle esigenze di generazioni di studenti e di una società profondamente mutate. È evidente come questo richieda l’ideazione e l’attuazione di un massiccio piano di formazione e aggiornamento. 

Rendere la scuola, soprattutto nei territori più deprivati, il punto di riferimento per i giovani e le loro famiglie ampliandone il tempo da dedicare alle attività scolastiche e a quelle extrascolastiche che, comunque, sono occasioni di crescita. 

Investire in modo corposo sulla scuola, invertendo quella miope scelta di ridurre la percentuale del PIL da destinare all’istruzione che fa dell’Italia uno degli stati che meno crede in essa. 

Di queste scelte strategiche per la scuola e per il Paese dovranno farsi carico il nuovo Parlamento e il prossimo Esecutivo. Senza una coraggiosa assunzione di responsabilità, lo scenario futuro sarà inevitabilmente fosco.