La rilevanza del PNRR — dall’ANP sempre ribadita — ci impone di denunciarne quelle criticità che, a nostro avviso, rischiano di pregiudicarne l’attuazione.  

In primo luogo, due approfonditi studi di recente pubblicazione, il XXIII Report annuale su Ecosistema scuola di Legambiente e il quaderno di Bankitalia sulla dotazione delle infrastrutture scolastiche, offrono significativi spunti di riflessione.  

Il primo documento, riferito a dati del 2022, fotografa impietosamente la realtà dell’edilizia scolastica ed evidenzia, anche in questo contesto, i gravi divari territoriali esistenti: “Gli edifici scolastici del Sud, insieme a quelli delle Isole e del Centro, hanno mediamente necessità di interventi urgenti per una scuola su due, a fronte delle scuole del Nord che ne necessitano solo nel 21,2% dei casi. In Sicilia e Calabria ben una scuola su tre ha necessità di interventi urgenti di manutenzione”. E ancora, in merito ai servizi scolastici, “solo nel 20% delle scuole del Sud e delle Isole, contro una media del 35% delle classi del Centro Nord. Grandi assenti anche le palestre e gli impianti sportivi: nel Sud Italia una scuola su due non ha palestre o impianti sportivi e dove gli impianti sono funzionanti, quelli che sono aperti oltre l’orario scolastico sono a poco più del 40% nelle città del Sud e del 33% nelle Isole, contro l’oltre 60% nei capoluoghi di provincia del Centro-Nord.” 

Le analisi di Bankitalia sono ancor più severe. Solo prendendo in considerazione gli spazi dedicati alla didattica, il Quaderno afferma che “la superficie scolastica complessiva a disposizione di ciascuno studente è pari nella media italiana a circa 24 metri quadri, con marcate differenze tra macroregioni: nel Nord Est si registrano valori di quasi il 25 per cento superiori al dato nazionale, nel Mezzogiorno inferiori di quasi il 12 per cento”. Le disparità territoriali sono significativamente ampie nell’ambito della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, con percentuali inferiori, rispettivamente, di circa il 35 e il 23 per cento nel confronto tra i bambini del Mezzogiorno e i loro coetanei del Nord Est. 

Entrambi gli studi, peraltro, focalizzano la loro attenzione sull’incidenza della qualità delle infrastrutture scolastiche sui risultati degli studenti in termini di apprendimento, di rendimento, di riduzione dei rischi di dispersione e di abbandono scolastico. Analisi che registra un significativo allineamento con gli esiti delle ultime rilevazioni INVALSI. 

Del resto, l’importanza degli ambienti fisici è espressamente statuita da fondamentali documenti ministeriali: dalle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione al Piano RiGenerazione Scuola, dalle Linee pedagogiche per il sistema integrato “zerosei” agli Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia fino al Piano Scuola 4.0. 

In secondo luogo, ben sappiamo che il PNRR dedica ingenti risorse alle infrastrutture distinguendo due ambiti: da una parte l’edilizia scolastica (nuove scuole, asili e scuole dell’infanzia, mense e strutture per lo sport, messa in sicurezza degli edifici), dall’altra gli ambienti innovativi e gli strumenti per la didattica digitale. Sappiamo anche, però, che sussistono notevoli ritardi da parte degli Enti locali in relazione al primo ambito e che, per quanto concerne il secondo, le scuole si devono misurare con una difficoltà molto seria, acuita dal recente CCNL del comparto istruzione e ricerca del 18 gennaio 2024. Il Piano Scuola 4.0, infatti, necessita di attività di accompagnamento che si sostanziano nella formazione del personale sulla didattica digitale integrata e sulla transizione digitale e che trovano la loro fonte di finanziamento nell’Investimento 2.1. Si tratta di percorsi formativi diversificati, con scadenze oramai molto prossime, che dovrebbero vedere il personale scolastico, docenti in primis, alle prese con novità metodologiche e didattiche allineate ai nuovi ambienti di apprendimento finanziati dal Piano Scuola 4.0. Tutto questo, però, appare di difficile realizzazione, stanti la non obbligatorietà della formazione e la contestuale necessità di retribuire i corsisti (con scuole dai FIS esigui). E ciò, si badi bene, ad onta della più volte ribadita cogenza del PNRR. 

In terzo luogo, un attento esame delle attività previste per gli studenti — per i quali, ricordiamocelo sempre, la scuola esiste — mostra che essi dovrebbero essere destinatari, in un intervallo di tempo oggettivamente ridotto, di molteplici attività di formazione, approfondimento, recupero, orientamento, come declinate dagli Investimenti 1.4 (“Divari territoriali”, a breve a pioggia su tutte le scuole che sino a questo momento non ne hanno beneficiato) e 3.1 (STEM e multilinguismo). Il problema è che saranno sempre gli stessi alunni ad essere coinvolti — ma forse sarebbe più corretto dire travolti, data la brevità dei tempi e la quantità dei percorsi — in attività che dovranno essere svolte troppo celermente e, probabilmente, con caratteristiche di qualità discutibili. 

Temiamo fortemente, insomma, che il core business della scuola, ovvero la crescita graduale e consapevole dei nostri alunni, con continui e necessari monitoraggi, ripensamenti, rimodulazioni, si trasformi in un asettico procedimento burocratico di raggiungimento di target là dove, invece, ci si dovrebbe occupare di persone.  

Un’ultima osservazione, ma non certo per importanza, si impone infine.  

Gli interventi del PNRR sono soggetti, come è noto, alla verifica circa il rispetto del principio di “non arrecare danno significativo agli obiettivi ambientali” (DNSH), con riferimento al sistema di tassonomia delle attività ecosostenibili di cui all’articolo 17 del Regolamento (UE) 2020/852. La Guida operativa allegata alla circolare del MEF-RGS n. 33/2022 riporta schede di autovalutazione dell’obiettivo di mitigazione dei cambiamenti climatici per ciascun investimento con relativa checklist. Quest’ultima va utilizzata dalla scuola per verificare — ex ante, in itinere ed ex post — la conformità al principio DNSH dei beni e dei servizi acquisiti. “Dell’utilizzo di tali checklist e del rispetto del principio dovrà essere data evidenza nella documentazione relativa alla procedura di gara e di affidamento, nel verbale di collaudo e nelle dichiarazioni finali del dirigente scolastico in sede di rendicontazione”. La suddetta Guida, a pag. 62, nell’ambito del Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nidi alle università M4 C1 Inv 3.2” riporta che “Alle oltre 8.000 scuole coinvolte, per l’acquisto delle apparecchiature, verranno fornite linee guida specifiche incentrate sulla necessità di acquistare apparecchiature digitali eco-compatibili nel pieno rispetto degli standard ambientali (in conformità con la Restriction of Hazardous Substances in Electrical and Electronic Equipment (RoHS) III direttiva), garantendo al tempo stesso il massimo livello di risparmio energetico. 

Tali documenti di supporto – di buona qualità e molto utili se fossero stati pubblicati per tempo – sono stati resi disponibili solo il 1° febbraio 2024 per il Piano Scuola 4.0, anche se i relativi affidamenti si sono chiusi il 30 novembre 2023. Si tratta di un kit di supporto dettagliato per la verifica dei DNSH (ex ante, in itinere ed ex post) e di una checklist di procedura altrettanto particolareggiata.  

Ora, non possiamo ignorare che molte istituzioni scolastiche hanno già dovuto acquistare e verificare i beni, pagando anche le corrispondenti fatture, in assenza di queste indicazioni su procedure, documenti e iter che avrebbero dovuto essere diramate ben prima della scadenza del 30 novembre.  

L’ANP non ha interesse a censurare la tempistica  con cui l’Amministrazione pubblica documenti fondamentali per la gestione delle risorse del PNRR. E’ però suo supremo interesse tutelare i dirigenti che, con abnegazione e senso del dovere, hanno operato in assenza di indicazioni al solo scopo di garantire agli studenti — e, quindi, alla Nazione — un futuro migliore.