Il recente D.P.R. n. 134/2025 ha modificato lo Statuto delle studentesse e degli studenti e ha introdotto novità significative sul piano disciplinare, così rafforzando l’efficacia delle sanzioni e sottolineandone il ruolo educativo. La scuola, infatti, è luogo deputato all’educazione e, pertanto, anche le procedure sanzionatorie hanno finalità educative: scompare quindi dal novero delle sospensioni da uno a quindici giorni la contraddizione logica insita nell’allontanamento dalla comunità scolastica che pretendeva, appunto, di “educare” gli studenti lasciandolo a casa.
Il nuovo impianto normativo prevede che, in caso di “allontanamento dalle lezioni” da tre a quindici giorni, siano svolte attività di cittadinanza attiva e solidale presso strutture esterne, convenzionate con la singola scuola e da questa scelte all’interno di un apposito elenco regionale predisposto dall’USR. Riteniamo che l’avvicinamento della sanzione al volontariato possa costituire un momento di reale crescita civica degli studenti, favorendo in loro la riscoperta dell’empatia e dell’attenzione ai bisogni degli altri.
Al momento, però, l’elenco di dette strutture non è ancora disponibile. Anzi, manca persino il primo passo: l’emanazione del provvedimento ministeriale concernente la definizione dei requisiti e dei criteri per la loro individuazione. Senza questo atto prodromico, gli USR non possono pubblicare gli avvisi necessari per raccogliere le manifestazioni di interesse da parte di enti, associazioni e organizzazioni del terzo settore.
La conseguenza è che si ricade, seppure forzatamente, su quanto previsto dall’articolo 4, comma 8-quater, del D.P.R. n. 249/1998 (come modificato dal D.P.R. n. 134/2025): in mancanza delle strutture ospitanti esterne, “le attività di cittadinanza attiva e solidale sono svolte a favore della comunità scolastica“. Quindi, come confermato da una recente nota dell’USR Lombardia, nelle more della definizione degli elenchi regionali, le attività possono essere effettuate solo e unicamente all’interno della scuola.
Tale ritardo ha ripercussioni organizzative non trascurabili, in quanto le scuole non dispongono di risorse umane adeguate a garantire la vigilanza sugli studenti per cinque o sei ore al giorno ed eventualmente per più giorni, e questo contraddice il meritorio intento della riforma.
Di conseguenza, i provvedimenti disciplinari potrebbero essere definiti non solo in proporzione alla gravità delle condotte da sanzionare ma anche considerando le oggettive difficoltà organizzative derivanti dalla loro esecuzione. Questo finirebbe col compromettere proprio quella finalità educativa che il decreto intende rafforzare.
Dunque, pur mancando davvero poco a chiudere il cerchio e a rendere pienamente efficace un sistema di sanzioni valido e innovativo, rischiamo di trovarci in uno di quei casi ben rappresentato dal detto inglese “A job half done is a job not done”.
L’ANP chiede pertanto che l’Amministrazione definisca al più presto i requisiti e i criteri per l’individuazione delle strutture ospitanti di cui all’articolo 4 dello Statuto delle Studentesse e degli Studenti, affinché gli USR possano procedere in tempi rapidi con gli atti di loro competenza.
Rappresentiamo altresì la cogente esigenza che dette strutture siano localizzate in ragionevole prossimità di tutte le istituzioni scolastiche secondarie. Tale cogenza deriva da due distinte considerazioni:
- La prima, abbastanza scontata, riguarda la minore età di quasi tutti gli studenti frequentanti la scuola secondaria, tanto di primo quanto di secondo grado. È evidente che nessuno intende incorrere nel reato di cui all’articolo 591 c.p. e, cioè, l’abbandono di minore.
- La seconda, alquanto controintuitiva, concerne la maggiore incidenza di illeciti disciplinari commessi da studenti della scuola secondaria di primo grado rispetto a quelli della scuola secondaria di secondo grado: infatti, il rapporto ISTAT del giugno 2025 sull’indagine “Bambini e ragazzi: comportamenti, atteggiamenti e progetti futuri” condotta nel 2023 evidenzia che la fascia di età più coinvolta negli atti di bullismo è quella degli 11-13 anni, con il 23,7% dei ragazzi, rispetto al 19,8% dei ragazzi di 14-19 anni.
Confidiamo nell’impegno del Ministro affinché la questione sia risolta con celerità e le scuole possano applicare appieno la riforma.
