Ieri 5 novembre 2025 è stata siglata l’ipotesi di contratto collettivo nazionale 2022/24 del comparto Istruzione e Ricerca che interessa circa 1,2 milioni di lavoratori di cui 850 mila docenti.
In premessa evidenziamo che, indipendentemente da quale sigla abbia sottoscritto o meno il testo, si tratta ancora di una mera ipotesi e che, di conseguenza, nulla cambia per le contrattazioni integrative di istituto in corso. Solo la UIL, tra le organizzazioni sindacali rappresentative, resta ancora esclusa dal tavolo contrattuale, mentre accede all’informazione e al confronto.
Tornando all’ipotesi, dal punto di vista strettamente economico, la bozza prevede aumenti medi in busta paga di circa 150 euro mensili per i docenti e di circa 110 euro mensili per il personale Ata. L’accordo prevede inoltre un’una tantum di 142 euro medi per i docenti e, in caso di firma del contratto entro l’anno, arretrati stimati intorno ai 1.450 euro. Tutte le cifre sono al lordo dipendente.
Rispetto alla parte normativa, vi sono pochi elementi di novità e tra essi registriamo il fatto che i criteri di priorità per l’accesso al lavoro agile e al lavoro da remoto passano da materia di confronto a materia di contrattazione (art. 10, co. 4, lett. c12). Restano invece oggetto di confronto i criteri generali delle modalità attuative del lavoro agile e del lavoro da remoto.
Dobbiamo purtroppo evidenziare la perdurante assenza di due importanti aspetti contrattuali che riguardano i docenti: un monte ore obbligatorio da destinare alla formazione e un codice disciplinare, previsto fin dal CCNL del 29/11/2007, ma mai definito nei tre contratti collettivi successivi.
Per quanto riguarda il primo aspetto, ricordiamo che il CCNL 2019/21, non modificato in questa parte dall’ipotesi appena sottoscritta, quantifica l’obbligazione di lavoro annua da destinare complessivamente alla formazione e alle sedute degli organi collegiali in 80 ore. Ma, poiché le sedute del collegio dei docenti e quelle dei consigli di classe, con esclusione di quelle dedicate agli scrutini, sono singolarmente limitate a non più di 40 ore annue e tale limite viene ordinariamente raggiunto, è evidente come resti poco o niente per la formazione. Peraltro, le ore eccedenti quel limite, oltre ad avere carattere facoltativo, devono essere remunerate con un fondo d’istituto che risulta sempre più esiguo essendo stato per di più decurtato dalla clausola di cui all’articolo 15, comma 2 della medesima ipotesi a favore di una distribuzione a pioggia nello stipendio mensile. Tutto questo avviene nonostante gli insoddisfacenti risultati di apprendimento richiedano chiaramente, e con estrema urgenza, il rinnovamento della didattica e questo, a sua volta, non possa ottenersi senza una massiccia azione di formazione del corpo docente.
Sul necessario aggiornamento del codice disciplinare per i docenti abbiamo già espresso molteplici volte le nostre riflessioni: sia il D.lgs. n. 150/2009 (c.d. “Riforma Brunetta”) sia il D.lgs. n. 75/2017 (c.d. “Riforma Madia”), adottati da governi di opposto schieramento politico, hanno attribuito al dirigente scolastico il potere di sospendere dal servizio fino a dieci giorni il personale. Tuttavia, mentre per il personale ATA questa possibilità risulta effettiva in quanto contrattualizzata, nulla è stato stabilito da quasi venti anni per il personale docente, nonostante il fatto che anche nel CCNL 2019/21 sia stata preannunciata una nuova sessione negoziale. Si procrastina quindi – contra legem – una insoddisfacente situazione che, da un lato, vede i dirigenti scolastici privi di incisivi poteri di intervento in quanto essi possono irrogare solo l’avvertimento scritto oppure la censura e, dall’altro, grava gli Uffici per i procedimenti disciplinari operanti presso gli USR di un carico di lavoro talmente elevato da lasciare per lo più impuniti gli illeciti disciplinari di gravità medio-bassa commessi dai docenti.
Altrettanto irrisolte restano altre criticità, da noi più volte evidenziate nei nostri comunicati:
- il riferimento al numero di due unità di collaboratori del DS, residuo del CCNL 2007 e in contrasto con le chiare disposizioni legislative imperative di cui all’articolo 25, comma 5, del D.lgs. n. 165/2001 e all’articolo 1, comma 83 della legge n. 107/2015. La clausola contrattuale, oltre a essere illegittima, è anche anacronistica alla luce della crescente complessità delle istituzioni scolastiche, sempre meno gestibili senza uno staff dirigenziale composto da un adeguato numero di collaboratori. L’introduzione dell’organico dell’autonomia e delle risorse del potenziamento, disposta dalla legge n. 107/2015, aveva ampliato la possibilità di utilizzare il personale docente nelle funzioni organizzative, peraltro espressamente richiamate dall’articolo 43 del CCNL 2019/21. Purtroppo, però, dobbiamo constatare come l’impianto contrattuale sia condizionato da un’idea di scuola antiquata e ottocentesca, incapace di scrollarsi di dosso dei vincoli irragionevoli nonostante l’evidente pregiudizio che questi arrecano alla qualità del servizio
- il riferimento alla delibera del Piano delle attività dei docenti, anch’esso sopravvissuto ai vari aggiornamenti contrattuali benché sia reso nullo per contrasto con le disposizioni legislative imperative di cui agli articoli 4 e 25 del D.lgs. n. 165/2001. Il testo dell’ipotesi, infatti, attribuisce ancora al collegio dei docenti la competenza all’approvazione del Piano annuale delle attività. Tale disposizione pattizia è in contrasto col principio costituzionale della riserva di legge in materia di competenza nonché con specifiche disposizioni legislative imperative contenute nel D.lgs. n. 297/1994 e nel D.lgs. n. 165/2001. L’approvazione del Piano non può che essere di competenza del dirigente.
In conclusione, non possiamo non rilevare come anche questa volta si sia sprecata una occasione per fare chiarezza sul rapporto tra prerogative dirigenziali e competenze degli organi collegiali: senza di essa, la governance delle istituzioni scolastiche sembra destinata a rimanere in una coltre di ambiguità e confusione, rischiando di compromettere anche quei necessari processi di miglioramento in atto, finalizzati a garantire il successo formativo dei nostri alunni.
