Si fa un gran parlare, talora in termini scandalizzati da parte di chi non è adeguatamente informato, di presunti consistenti aumenti contrattuali a favore dei dirigenti delle scuole e di un’evidente sproporzione rispetto agli incrementi destinati ad altre categorie (i docenti e il personale ATA).
Cerchiamo di fare chiarezza.
Le risorse destinate in modo specifico ai dirigenti delle scuole (art. 53 del Disegno di legge di bilancio) consentono di realizzare una prima parziale perequazione retributiva rispetto a quella di tutti gli altri dirigenti pubblici e in particolare rispetto a quella dei dirigenti dell’Area C (Istruzione, Università e Ricerca), area nella quale i dirigenti delle scuole sono inquadrati.
Ricordiamo che la perequazione piena è dovuta ai dirigenti della scuola da ben 17 anni!
Le cifre che il Governo ha stanziato dovrebbero consentire di equiparare la retribuzione dei dirigenti delle scuole a quella degli altri dirigenti pubblici di pari fascia in una voce dello stipendio: la retribuzione di posizione parte fissa, quella che spetta al dirigente in quanto tale per il profilo e la funzione che ricopre.
Risulta del tutto evidente che la parziale perequazione dei dirigenti delle scuole non ha nulla a che vedere con l’incremento retributivo medio di 85,00 euro lordi mensili, definito dall’Intesa del 30 novembre 2016, che ANP, tra l’altro, non ha sottoscritto e della quale ha sempre contestato il contenuto.
Non è quindi corretto confrontare gli incrementi legati al rinnovo del CCNL di comparto con le risorse destinate dal Disegno di legge di bilancio ad avviare finalmente la doverosa perequazione retributiva dei dirigenti delle scuole.
Confondere mele e pere non è mai utile, se vogliamo capire la realtà e non banalizzarla. Altrimenti si corre il rischio di alimentare un dibattito che è destituito di ogni fondamento e che, se condotto in questi termini, non giova a chi nella scuola cerca di perseguire l’interesse pubblico, qualunque sia il proprio profilo professionale.