Si è svolto questa mattina il previsto incontro fra il Presidente del Consiglio Romano Prodi e le organizzazioni sindacali della scuola rappresentative dell’Area V e del comparto. All’incontro, svoltosi alla il Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni, l’Anp ha esposto – attraverso l’intervento del Presidente nazionale Giorgio Rembado – quelle che ritiene le priorità assolute per il rilancio e lo sviluppo dl sistema di istruzione del Paese ed ha presentato le proprie richieste in vista della predisposizione da parte del Governo della legge Finanziaria 2007. Si riporta di seguito il documento dell’Anp:

Documento per il Presidente del Consiglio, on. Romano Prodi

  • L’istruzione costituisce un investimento per il Paese: la prossima Finanziaria dovrà contenere elementi perché tale assunto, finora solo enunciato a parole, si traduca in fatti concreti ed in una inversione di rotta.
  • L’autonomia delle istituzioni scolastiche costituisce la vera riforma della scuola: voluta dal primo Governo Prodi e poi rafforzata nella riforma del Titolo V della Costituzione (2001), è stata fino ad oggi priva delle condizioni per realizzarsi. Tali condizioni vanno individuate, in primo luogo, in:

    • drastico alleggerimento delle sovrastrutture costituite dall’amministrazione periferica;
    • attribuzione diretta alle scuole delle risorse e della relativa titolarità di gestione.

Da questi punti fermi discendono le nostre richieste in vista della prossima Finanziaria:

  • tagliare i rami secchi dell’amministrazione scolastica periferica, in primo luogo gli Uffici Scolastici Provinciali. Vi sono almeno due motivi per procedere in questa direzione:

    • questi uffici assorbono parte non trascurabile dei costi di sistema;
    • essi impediscono di fatto l’autonomia delle scuole, perché le intasano di sempre nuovi adempimenti burocratici e di minute prescrizioni operative, senza rappresentare alcun valore aggiunto per il loro funzionamento.

    La loro chiusura significa da un lato risparmio, dall’altro la possibilità di allocare risorse là dove si produce direttamente istruzione, cioè nelle scuole. Significa anche far crescere negli operatori la cultura della responsabilità diretta per il proprio lavoro e per l’utilizzo di quel che si riceve dalla comunità.

  • nella stessa logica, alle scuole deve andare la gestione del personale a tempo determinato (supplenti annuali e temporanei), ripristinando la previsione – sempre disattesa – del Regolamento sull’autonomia del 1999. Questa è anche una condizione essenziale per il superamento definitivo del precariato dei docenti, che è un’emergenza sociale non più tollerabile. Infatti:
    • la stagione del precariato non si chiude se si continua ad alimentare le graduatorie provinciali che ne sono il serbatoio in continua espansione. Esse vanno trasformate in graduatorie ad esaurimento, da utilizzare solo per le immissioni in ruolo e non per le supplenze;
    • nelle immissioni in ruolo, è necessario recuperare prioritariamente gli unici docenti specializzati di cui il sistema dispone (e cioè i diplomati delle SSIS e SFP, che, dopo essere stati formati con costi importanti, sono stati messi in coda alla lista di attesa);
    • e supplenze – e le relative risorse economiche, sotto forma di budget – vanno trasferite alle scuole, senza filtri di uffici provinciali o di poli di nomina. Per questa via, si avrà un risparmio (eliminando gli sprechi dovuti ai costi di sistema), una responsabilizzazione vera per i risultati e docenti finalmente in cattedra dal primo giorno di lezione;

    • sulle scuole non devono gravare oneri impropri, quali le sostituzioni per maternità o per aspettativa politica, amministrativa o sindacale. Tali costi devono essere correttamente ricondotti ai centri di spesa da cui originano.
  • ogni riforma realmente incisiva del sistema di istruzione richiede la convinta adesione di chi deve gestirla e pilotarla, cioè dei dirigenti scolastici. Rispetto ad essi, l’amministrazione si è finora preoccupata soprattutto di limitarne i poteri di gestione, imbrigliandoli in una fitta rete di norme, sia amministrative che contrattuali, che li hanno posti in condizione di non poter governare il cambiamento. Di tale sottovalutazione del loro ruolo è espressione anche la perdurante discriminazione retributiva a loro danno rispetto ai dirigenti delle altre amministrazioni pubbliche. Questa tendenza deve essere invertita:

    • da un lato, attraverso la piena equiparazione economica, per la quale occorre destinare in Finanziaria una parte dei risparmi di sistema derivanti dalle misure sopra indicate;
    • dall’altro, attraverso la sostanziale potatura delle sovrastrutture amministrative e procedurali che attualmente ne intralciano l’attività. Non serve a nulla avere un dirigente in ciascuna istituzione scolastica, se poi gli si impedisce nei fatti di dirigerla;
    • non meno grave è la perdurante tendenza ad ignorare il peso della loro funzione all’interno delle scuole, che si traduce nell’abnorme numero di sedi prive di un dirigente effettivo (circa il 30% del totale). Si tratta di una vera e propria emergenza, che contribuisce ad impedire lo sviluppo dell’autonomia reale delle istituzioni scolastiche. E’ indifferibile por mano alla risoluzione di tale gravissima situazione, ripristinando corretti meccanismi concorsuali, attuati a scadenze certe e regolari, finalizzati non solo al riassorbimento dei vuoti esistenti, ma alla fisiologica gestione del turn-over, particolarmente elevato per l’elevata età media della categoria (circa il 7% annuo).

26 settembre 2006