E’ stata siglata ieri 17 luglio all’ARAN una sequenza contrattuale ai sensi dell’art. 43 del vigente CCNL del comparto scuola (riportata in allegato).

Con l’accordo raggiunto – e subito salutato con toni di grande entusiasmo sui principali siti sindacali – vengono disapplicate (cioè rese inefficaci) alcune norme contenute nel D.Lgs 59/2004, relativo alla riforma del primo ciclo:

  • quella relativa alla presenza di un docente tutor

  • quella relativa alla permanenza nella stessa sede dei docenti per la durata di un ciclo didattico (due anni)
  • quella relativa alla possibilità di nominare esperti esterni per eventuali insegnamenti opzionali non corrispondenti a classi di concorso (sulle 99 o 198 ore)

Sulla questione, il giudizio dell’Anp differisce da quello delle OOSS che hanno sottoscritto l’accordo.

Da un lato, non si può non rilevare che viene compiuto un passo indietro in materia di riconoscimento delle professionalità specifiche che pure esistono ed operano nella scuola.

Dall’altro, nonostante le rituali celebrazioni circa la difesa dell’autonomia, viene cancellato uno dei pochi strumenti pratici di essa: la possibilità di svolgere, almeno durante le ore opzionali, attività ed insegnamenti non compresi nelle classi di concorso, attraverso la chiamata di esperti esterni.

Da ultimo – ma non meno importante – vediamo con preoccupazione l’affermazione di un principio, i cui sviluppi potrebbero portare molto lontano: che le questioni relative all’istruzione, che riguardano tutti i cittadini ed il futuro del Paese, vengono sottratte alle decisioni del Parlamento (definite addirittura in alcuni commenti a caldo “incursioni ed invasioni unilaterali”) per essere discusse e decise in una dialettica fra parti private.

Qualunque modifica agli ordinamenti della scuola incide inevitabilmente sulle condizioni di lavoro del personale. Se il principio oggi affermato si generalizzasse, nessuna riforma sarebbe possibile, nè ora nè in futuro, se non decisa dalle parti contrattuali.

Ma la scuola non è solo di chi ci lavora: essa è in primo luogo un bene dell’intera comunità civile, che ha il diritto di decidere su di essa alla luce del sole e nel libero confronto delle opinioni di tutti. Questo confronto ha una sede voluta dalla Costituzione: e quella sede si chiama Parlamento.

Sarà bene non dimenticarlo, nè oggi né dopo.

Si veda il comunicato stampa emanato in data odierna dall’Anp.